Più Social e più Soli
Sean Parker fondatore di Napster e manager di Facebook ha detto recentemente:
“Facebook cambia letteralmente la relazione di un individuo con la societa’ e con gli altri.
E probabilmente interviene negativamente sulla produttivita’. Solo Dio sa cosa sta succedendo al cervello dei nostri piccoli!”
Non so se recentemente vi sia capitato di trovarvi all’uscita di una scuola media o di un liceo: i ragazzi hanno in una mano un trolley e nell’altra lo smartophone, sul quale scorrono le notifiche su Facebook e Instagram mentre rispondono a un messaggio su whatsApp. Lo sguardo è basso, concentrato, per evitare di cadere o di sbagliare a digitare.
Da un indagine condotta nel 2012 dall’Osservatorio della Societa’ Italiana di Pediatria (Sip) "Le abitudini e gli stili di vita degli adolescenti italiani" risulta che i ragazzi che trascorrono più di tre ore al giorno sul telefonino hanno abitudini alimentari peggiori, un rendimento scolastico inferiore, praticano meno sport, fumano e bevono alcolici di più dei coetanei.
Le conseguenze di un uso eccessivo della rete si ripercuotono sia sulla salute individuale sia sulla vita famigliare oltre ad avere effetti negativi sulla formazione dell’identità e sul funzionamento cognitivo.
Inoltre non è da sottovalutare che queste abitudini aumentano il rischio di dipendenza patologica da internet (internet addiction disorder), un bisogno compulsivo di rimanere collegati alla rete, di essere sempre connessi insomma.
Questo uso ed abuso dei ragazzi del condividere sui social, di taggare, di postare, di avere sempre più contatti in rete, di avere bisogno di una vetrina nella quale mostrarsi al meglio, influisce e trasforma lo stare insieme , la presenza e l’assenza nella relazione con l’altro.
Questa influenza esercitata dai mass media e dalla comunicazione tecnologica (internet, video giochi, chat, blog) ha introdotto la presenza virtuale dell’altro e sta producendo delle modifiche nella rappresentazione cognitiva ed affettiva dello spazio relazionale.
Per i ragazzi l’altro si riduce quasi ad “una protesi della presenza” con conseguenti nuove forme di esperienza della solitudine.
Se e’ vero che internet avvicina e facilita gli incontri nel suo essere “ prodromo” di un incontro autentico, il suo abuso “consumistico”, cosi’ presente negli stili di vita adolescenziali, produce l’illusione della condivisione con l’altro, la feticizzazione dell’incontro, la moltiplicazione infinita degli incontri fino alla sincope della solitudine parlante di fronte ad uno screen.
Ma sarebbe troppo facile dare la colpa a Facebook, Google, You Tube e Apple.
Se i ragazzi passano tanto tempo sui social network la responsabilita’ è anche degli adulti, di noi tutti del contesto sociale.
Queste nuove identità adolescenziali devono fare riferimento al principale background socio-affettivo che li ha prodotti. Facciamo in modo di essere noi adulti i primi a non lasciarli soli, poniamo più attenzione al tempo che dedicano i nostri figli su i social, aiutiamoli fornendo loro concrete alternative e rimaniamo sempre con un occhio vigile sui possibili pericoli nei quali possono incorrere: ne vale la loro felicita’e realizzazione futura.