Quattro consigli su come comunicare meglio
Quando parliamo con un amico, con il nostro fidanzato, con il nostro capo o con un cliente trascuriamo la possibilità che chi è davanti a noi non possa essere sempre interessato a ciò che stiamo comunicando.
Parlando con il nostro interlocutore possiamo comunicare due cose.
La prima è il contenuto, cioè ciò che dobbiamo dire, mentre la seconda è il contenitore ovvero il modo in cui esponiamo il contenuto.
Contenuto e contenitore non sempre vanno di pari passo.
Possiamo trasferire un’informazione esponendola male senza darle il giusto valore o senza trasferire la semantica più importante: l’emozione.
Oppure possiamo parlare senza comunicare un contenuto.
E’ il caso di due timidi innamorati che fanno discorsi infiniti senza un vero obiettivo: in questo caso il contenuto è assente, è presente solo il contenitore e questo si chiama emozione.
Quando invece trasferiamo al nostro interlocutore sia il contenuto che il contenitore facciamo bingo e facciamo vera comunicazione verbale.
Per quanto riguarda il contenuto beh, lì c’è poco da girarci intorno, o c’è o non c’è.
Ma cosa posso dire sul contenitore? Voglio condividere con voi quattro consigli che FastWeb, con la quale ho avuto modo di lavorare la scorsa settimana per un progetto di Professional Blogging, mi ha fatto notare.
Regola number one: il nostro interlocutore non sempre è disposto a dedicare il suo prezioso tempo ad ascoltarci. Quindi fare discorsi brevi e concisi.
Regola numero due: il nostro interlocutore non sempre è così comprensivo da investire le sue preziose “energie” per poter seguire il filo logico del nostro discorso. Tutti noi anche i più disponibili all’ascolto e alla comprensione vivono di risparmio energetico e l’atteggiamento più frequente di chi ascolta è “sono qui, ti ascolto, ti offro il mio tempo ma tu che mi parli devi essere chiaro e semplice”. Quindi favorire i concetti e gli esempi rispetto al dettaglio. Sarà una scelta di chi ascolta approfondire l’argomento.
Regola numero tre: evitare le over used buzzwords. Così le ha definite Linkedin cioè quelle parole inflazionate che non aggiungono nulla di più al significato che vogliamo trasmettere. Linkedin sconsiglia di riportare nella stesura del CV terminologie quali “entusiasta”, “con buone capacità organizzative”, “socievole” o “proattivo”. Non diranno nulla di più di quello per cui vi trovate su Linkedin: fare buona figura e trovare nuovi sbocchi professionali.
Come cosmetologa vedo spesso chi vende cosmetici dire un mare di banalità. "E’ profumato, toglie le rughe, è naturale, toglie le tossine, disseta e nutre la pelle": questo è quanto mi tocca ascoltare. Me la immagino sì la pelle, lì seduta a magiare e bere la crema come se avesse davanti l’Happy Meal di McDonald.
Regola numero quattro: presta attenzione alla tua “reputation”. La reputation può essere digital e reale.
La digital reputation dipende ad esempio da ciò che noi pubblichiamo sui social. Foto troppo intime, post ricchi di invettive verso alcune persone che riteniamo complottare contro di noi, o immagini dei nostri svaghi notturni non costruiscono una solida immagine di noi nei confronti degli altri.
La real reputation è invece data dalle nostre azioni nella vita quotidiana ed è importante che sia coerente con quella digital.
Se uno dei nostri contatti è estremamente estroverso nell’espressione delle sue idee sui social e allo stesso tempo distante e introverso nella vita reale, siamo portati a non fidarci di lui perché le informazioni che raccogliamo sono in conflitto fra di loro. Questo comportamento ambiguo fa perdere di credibilità nei confronti di chi vorrebbe comunicare.
Solamente quando la digital reputation coincide con quella reale riusciamo ad essere credibili con il nostro interlocutore e ottenere la preziosa possibilità di avere la cosa più importante quando vogliamo comunicare: la sua fiducia.